Il Carcinoma della prostata

L’Associazione dei Nuovi Castelli Romani prosegue nelle iniziative rivolte alla prevenzione e alla promozione della salute portando sul territorio informazione e sapere scientifico. Il Convegno di oggi “Il carcinoma della prostata, quale
prevenzione?” si rivolge ai medici di famiglia, agli urologi e ai cittadini over 50 di sesso maschile maggiormente esposti a questa patologia oncologica. Il carcinoma prostatico colpisce infatti, ovunque nel mondo occidentale, la popolazione maschile soprattutto dopo i 50 anni ed è la seconda causa di decessi per neoplasia. Il numero di uomini che vengono colpiti da questo terribile male è in aumento. Per combatterlo occorre una nuova cultura sanitaria orientata alla prevenzione, alla diagnosi precoce e una più stretta collaborazione tra medico di famiglia, cittadino, Azienda Sanitaria. Locale e urologi, gli unici che possono diagnosticare il male nelle prime fasi di sviluppo con tante possibilità di sconfiggerlo. I relatori che partecipano al Convegno organizzato dall’ Associazione dei Nuovi Castelli Romani sono urologi e oncologi di chiara fama. La nostra iniziativa si lega peraltro molto strettamente alla campagna di prevenzione delle patologie della prostata
diffusa in questi giorni dal Ministero della Salute con lo slogan “Non farti prendere in castagna”. Lo slogan prescelto dall’Associazione dei Nuovi Castelli Romani per portare sul territorio la conoscenza scientifica e l’informazione sulle specifiche modalità di prevenzione e di diagnosi precoce praticabili anche nei luoghi di residenza è il seguente: “Ognuno di noi può salvarsi la vita!” e sta a significare che con l’aiuto del medico di famiglia, dello specialista e dei servizi coordinati dalle Aziende ASL si può attuare una seria prevenzione del carcinoma della prostata che minaccia sempre di più di mietere di anno in anno più vittime tra gli over 50 di sesso maschile (più di 10 mila all’anno in Italia). Il messaggio che scaturisce dall’approccio al problema è propositivo e di taglio pratico nel senso che, dati ed esperienze alla mano, gli esperti indicheranno le modalità che la scienza e la tecnologia rendono disponibili, anche a livello locale, per sconfiggere la patologia. Nel corso del convegno si affronterà anche il tema dell’evoluzione storica del regime alimentare e dei rapporti intercorrenti tra alimentazione non appropriata e l’insorgere del male. Alla fine è previsto un momento conviviale
caratterizzato dalla proposta di prodotti tipici e pietanze locali particolarmente adatti ad una dieta più salutare e idonea alla prevenzione. Ci corre l’obbligo di ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile il Convegno odierno. Grazie a tutti gli iscritti all’Associazione dei Nuovi Castelli Romani. Grazie ai presenti: al pubblico, ai relatori, alle Autorità. E un grazie, infine alle Istituzioni e agli Enti che concedendo al Convegno il Patrocinio hanno riconosciuto valenza e funzione socioculturale all’evento odierno che si svolge col contributo della Presidenza della Giunta della Regione Lazio e con patrocini dell’Assessorato alla Sanità della Regione Lazio, della ASL RM H, del Parco Regionale dei Castelli Romani e del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.

 

Prof. Stefano Teresi
Docente Psicosomatica Generale
Scuola Spec.Univ. Osp. Cristo Re Roma

Sappiamo da sempre quanto l’incidenza della malattia può influire sugli assetti e gli equilibri della mente. L’effetto più evidente che si va a riscontrare è la regressione dell’Io, che apre all’interno della psiche uno spazio nuovo che, per la sua particolare struttura, merita di essere analizzato. Questa istanza, con sede all’interno del sub-conscio, può dar luogo, attraverso l’elaborazione dei dati, a diversi atteggiamenti che possono essere adattivi e non. Rientra tra gli scopi primari dell’evoluzione rintracciare le linee da marcare e definire per procedere a favore della stabilità emotiva ed esistenziale. L’impatto con la malattia crea instabilità, confusione, stato d’allerta, incapacità ad agire, a volte addirittura panico. Tutti effetti da affidare al doppio lavoro cognitivo-comportamentale. Al sub-conscio è affidato il compito di indagare e valutare: nei meandri di questa struttura mentale albergano infatti soluzioni, procedure da adottare e seguire per valutare in termini oggettivamente validi l’entità della malattia. Questa richiede una cura, un intervento a volte, medico chirurgico e non si può immaginare una soluzione priva di effetti secondari. Le conseguenze generate possono, se bene impostate e amministrate, dar luogo a buoni spunti riflessivi, in grado di rinvigorire la forza rigeneratrice interna, spesso offuscata e sacrificata dalla coscienza. E’ qui ce deve ripristinarsi l’unità psicosomatica, rinforzando gli argini di un fiume che è chiamato in ogni modo a seguire il suo corso naturale impetuoso fino al mare, dove finalmente confondersi non rintracciandosi più come entità a sé stante. In questa fase si trascendono i valori e i proponimenti. I bisogni, spesso relegati a condizioni di vita troppo restrittivi, trovano lo spazio per definirsi e sostanziarsi in tranquillità emotiva. L’incontro con la malattia rimette in discussione le relative certezze, sulle quali avevamo fondato tutti i nostri assunti di base, rivaluta la possibilità di vedere nel presente il passato del nostro futuro. L’approccio psicologico allargato al contesto familiare deve garantire prima il contenimento dell’emergenza e poi l’uso della strategia migliore da adottare. Non bisogna mai negare
le evidenze, si deve, piuttosto, riorganizzare una rete comunicativa funzionale alle esigenze imposte dalla malattia. L’ascolto empatico rivolto al paziente e alla famiglia offre al medico, che ha il compito di curare, la possibilità di aumentare il livello di collaborazione, favorendo in prospettiva futura l’esito positivo della malattia. Ho preferito parlare di malattia e non di cancro per dissuadere favorevolmente quanti in questa classificazione diagnostica intravedono la fine, o l’inizio di un lungo e faticoso calvario. Per quanto riguarda il convegno penso di poter concludere auspicandomi una fattiva collaborazione tra le parti in causa, affinché si possa intravedere per gli argomenti trattati un futuro più ricco di speranza.

Quale prevenzione?

L’approccio psicologico al paziente oncologico oggettivamente validi l’entità della malattia. Questa richiede una cura, un intervento a volte, medico chirurgico e non si può immaginare una soluzione priva di effetti secondari. Le conseguenze generate possono, se bene impostate e amministrate, dar luogo a buoni spunti riflessivi, in grado di rinvigorire la forza rigeneratrice interna, spesso offuscata e sacrificata dalla coscienza. E’ qui ce deve ripristinarsi l’unità psicosomatica, rinforzando gli argini di un fiume che è chiamato in ogni modo a seguire il suo corso naturale impetuoso fino al mare, dove finalmente confondersi non rintracciandosi più come entità a sé stante. In questa fase si trascendono i valori e i proponimenti. I bisogni, spesso relegati a condizioni di vita troppo restrittivi, trovano lo spazio per definirsi e sostanziarsi in tranquillità emotiva. L’incontro con la malattia rimette in discussione le relative certezze, sulle quali avevamo fondato tutti i nostri assunti di base, rivaluta la possibilità di vedere nel presente il passato del nostro futuro. L’approccio psicologico allargato al contesto familiare deve garantire prima il contenimento dell’emergenza e poi l’uso della strategia migliore da adottare. Non bisogna mai negare le evidenze, si deve, piuttosto, riorganizzare una rete comunicativa funzionale alle esigenze imposte dalla malattia. L’ascolto empatico rivolto al paziente e alla famiglia offre al medico, che ha il compito di curare, la possibilità di aumentare il livello di collaborazione, favorendo in prospettiva futura l’esito positivo della malattia. Ho preferito parlare di malattia e non di cancro per dissuadere favorevolmente quanti in questa classificazione diagnostica intravedono la fine, o l’inizio di un lungo e faticoso calvario. Per quanto riguarda il convegno penso di poter concludere auspicandomi una fattiva collaborazione tra le parti in causa, affinché si possa intravedere per gli argomenti trattati un futuro più ricco di speranza.

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